Brunetta, sant’uomo, trasfonde il suo stesso sangue alla PA

Brunetta sant’uomo. Prosegue deciso, sa sempre che cosa fare. Dopo aver ingessato le carriere dei dipendenti pubblici con la sua riforma (D.Lgs. 150/09), inchiodando le progressioni verticali ai concorsi esterni, in questo tempo di rinascita e resilienza pare che si sia ricreduto. Col nuovo Decreto reclutamento infatti, gli avanzamenti di carriera sembrerebbero ritornare al vincolo della valutazione dei meriti di servizio conseguiti dai dipendenti nell’ultimo triennio. Meglio tardi che mai. Così come accade d’altronde, nelle aziende del settore privato. Distratto dal grande consenso popolare di cui godeva la campagna anti fannulloni nel 2009, si era forse dimenticato che il progressivo processo di privatizzazione del pubblico impiego era iniziato con Cassese (D.Lgs. 29/1993) e che quindi riportare indietro le lancette delle carriere al tempo della pubblicizzazione burocratica degli accessi per quanti avevano già sostenuta con bravura la impegnativa prova del lavoro quotidiano, era un contraddizione in termini per un riformatore-innovatore quale si proponeva. Per sua fortuna, qui al lavoratore, abbiamo la memoria lunga. Gliela perdoniamo, anche se siamo tra le centinaia di migliaia di vecchi rimasti fregati e che hanno avuto gettato alle ortiche tutto quanto l’impegno ed i tangibili risultati conseguiti nel corso di venticinque anni di onesta carriera fossilizzata dai suoi articoli di Legge. Dunque, bando al rancore, passiamo alla transizione digitale, la nuova parola d’ordine del Ministro Brunetta in versione post-pandemica nella speranza che la seconda trasfusione di sangue del Decreto reclutamento abbia esiti più equi e giusti coi lavoratori meritevoli di quanto ottenne con la prima riforma. La nuova cura di Renatil compresse, mattina e sera, annuncia centinaia di migliaia di assunzioni a tempo determinato e turn-over al 110%. Ancor di più nel settore della sanità pubblica…

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