Regionali alle porte, che non sia la solita infornata di passacarte

Antonio Naddeo ci ricorda che siamo alla vigilia di una nuova infornata nelle Pubbliche Amministrazioni e che forse, sarà il caso di non limitarsi a programmare il fabbisogno secondo le solite logiche clientelari a coprire i posti disponibili ad oggi in pianta organica (lo scriviamo noi, lui non può), ma invita gli Enti e le Amministrazioni ad avere uno sguardo lungo il futuro prossimo e cogliere al volo le opportunità offerte dal Decreto PA

Assumere giovani dalle competenze interdisciplinari. Giovani intelligenti, preparati, colti e maturi, in grado di dare agli uffici quella spinta innovativa propria del settore privato perché gli apparati della PA diventino “startup” in grado di risolvere problemi e generare risultati in favore delle Comunità.

Dovremmo anche intenderci meglio sul concetto di risultati che non vanno confusi con gli adempimenti quodiani. Un malinteso burocratico tutto italiano. Che le carte siano a posto, ma che finalmente anche la gente, gli utenti, in ultimo i cittadini tutti possano trovare negli uffici pubblici quelle risposte concrete, tangibili alla soddisfazione dei loro bisogni.

Una pubblica Amministrazione quindi, che non lavori per sé. Che non si strutturi per ridurre al minimo il disagio dei dipendenti, ma che sia al servizio esclusivo del pubblico interesse. Belle parole, lodevoli intenzioni. Consentiteci, però di restare alquanto scettici.

Da dove dovrebbero uscire queste nuove cime in grado di adoperarsi per l’agognata modernizzazione della Pubblica Amministrazione? Forse dalla scuola scuola inclusiva? Possibile anche solamente immaginare che queste nuove leve siano in grado di allestire uffici che rispondano ai bisogni dei cittadini con efficienza ed efficacia se a loro stessi, nel percorso formativo è stata rimossa ogni prova di verifica rigorosa?

Possibile credere che nei prossimi venti anni gli apparati Statali italiani siano in grado di stare al passo e generare prove di rigore e merito se la stessa scuola alla quale necessariamente si ispireranno, non si è minimamente curata di forniere loro gli strumenti premiali del merito e dei talenti? E’ credibile che questa nuova generazione di impiegati Statali sia in grado di superare le prove della competizione col reale se l’abbiamo formata al criterio del purché sia a prescindere dal merito e dalla responsabilità?

Può un sistema formativo rimuovere ogni criterio selettivo delle capacità per poi essere chiamato a gestire al meglio perché raggiunga gli obiettivi di efficienza, efficacia, economincità al passo coi tempi nuovi, gli apparati dello Stato e mettersi al servizio incondizionato? Pensiamo davvero che la scuola inclusiva, quella che non distingue i somari dalle cime, poi possa reggere l’impatto di una competizione globale e soddisfare i bisogni diversificati e complessi di una Comunità con sempre maggiori esigenze?

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