quella che potete leggere qui di seguito, è la lettera scritta da una docente delle scuole superiori al noto conduttore televisivo e giornalista Nicola Porro che nella sua rubrica sta raccogliendo le frustrazioni di molti insegnati costretti al silenzio e ad una effettiva limitazione delle proprie libertà didattiche oltre che personali e di pensiero, nella scuola italiana egemonizzata dalla ideologia del progressismo globalista e multiculturale ultima scialuppa alla quale si sono disperatamente aggrappati i nipotini orfani del ’68 dopo il crollo dei sistemi di socialismo reale che hanno oppresso per settanta anni l’Europa dell’est in gran parte ridotta alla fame e condannata al sottosviluppo dal quale ancora faticano ad uscire a distanza di circa trenta anni dalla caduta del muro di Berlino. L’insegnante denucia come a lei, donna emancipata ed evidentemente dotata di indipendenza di giudizio, non sia solo sostanzialmente vietato impartire lezioni di storia e di italiano con l’ausilio di un frasario appropriato, ma avverte molto forte anche nella vita privata, la costrizione di dover circoscrivere l’espressione del proprio pensiero in rete per timore che la sua stessa condizione di insegnante possa essere messa in forse da eventuali azioni disciplinari e/o di isolamento relazionale coi colleghi che nutrono una forte autostima e non tollerano la diversità di pensiero non allineato alla comune e spesso banale vulgata progressista. La docente osserva anche come gli stessi alunni in molti casi sono costretti a reprimere per evidenti ragioni di opportunità, il dissenso ed il diverso approccio culturale al modello sociale forzatamente imposto da una martellante e quotidiana azione di vero e proprio indottrinamento.