il merito D’Atri e l’insostenibile leggerezza Unadis

C’è una quota premiale dello stipendio dei funzionari pubblici che va sotto la voce, poco fortunata per la verità, “stipendio di risultati”. Non è una componente trascurabile dei già più che dignitosi stipendi coi quali le Pubbliche Amministrazioni gratificano i boiardi di Stato. Molti di questi infatti, il cui operato avete modo di soppesare quotidianamente negli uffici, difficilmente sarebbero capaci di procacciarsi un impiego sul mercato presso una media azienda. Lo stipendio di risultati, equivale ad una maggiorazione del tabellare pari al 30%. Scriviamo quindi di cifre che oscillano tra i 18.000 ed i 30.000 euro all’anno che si vanno a sommare al già buono stipendio di 60.000-100.000 euro in media dei nostri simpatici ed amorevoli dirigenti. Da sottolineare che fu il contestato Ministro Brunetta del Governo Berlusconi ad incrementare di ben cinque punti lo stipendio di risultati dei dirigenti, i quali nel 2009 videro passare i loro premi (sic), dal 25% al 30%. Il cattivissimo Brunetta, pensava così di incentivare l’impegno dei suoi boiardi e raggiungere quei risultati di efficienza, efficacia ed economicità che la PA italiana non ha mai conosciuto e soprattutto, i cittadini italiani non hanno mai visto. Trasporti latenti per non scrivere inesistenti in alcune realtà metropolitane del nostro mezzogiorno; assi viari e strade dei centri storici come sentieri diluviani di campagna sono sotto gli occhi di tutti. Chiedere ai Giudici di Pace ed ai Tribunali civili per trovare conferme; fogne e tombini che esplodono alle prime pioggerelline autunnali con allagamenti di interi quartieri. Vogliamo prendere in esame i servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti? Da Orte in giù, la situazione non è poi così dissimile da quelle delle bidonvilles. Hanno anche l’ardire di chiamarli risultati queste migliaia di euro buttati dalle finestre direttamente nelle tasche di pochi fortunati i quali si irritano se, di tanto in tanto, sbuca dalla corporazione dei pelandroni, qualcuno con un pò di coscienza a misura di giustizia sociale. Quella autentica. Per meriti e capacità obiettive. E’ quanto accaduto alla d.ssa Raffaella Anna D’Atri che suo malgrado, si è guadagnata gli onori delle cronache per aver osato valutare la performance dei funzionari del suo ufficio all’ispettorato del lavoro di Rimini. Valutare, vale a significare tracciare una riga netta e precisa tra meriti e demeriti. Invece la nostra Raffaella Anna D’Atri, moderna eroina del merito da lavoro, si è limitata a segnare una modesta differenziazione tra i suoi dipendenti osando sottrarre qualche euro del sostanzioso premio a pochi a lei noti, per poter di converso, riconoscere ad altri quei meriti oggettivi che consentono alla baracca comunque di andare avanti, magari nelle situazioni di emergenza come quelle che viviamo per il coronavirus. Apriti cielo. Piuttosto che la vergogna di recriminare e stendere la mano a corrispettivo di risultati mai raggiunti, i suoi colleghi si sono sentiti colpiti nell’onore dalla dicriminazione ed hanno reagito malamente al grido: siamo tutti uguali. Capaci ed incapaci. Lavoratori e scioperati uniti al sindacato nella lotta alla performance del merito. Al punto che finanche la stessa Unadis (unione Nazionale dei dirigenti dello Stato), si è intimorita e non potendo sottrarsi alla difesa d’ufficio della bencapitata d.ssa Raffaella Anna D’Atri, ha finito per teorizzare ai microfoni di radio Sole24, una valutazione della performance distinta dalla monetizzazione dei meriti. Come a dire, lo Stato paghi meriti inesistenti e permetta alle d.sse D’Atri di valutare obiettivamente ed in tutta coscienza il valore, le capacità, l’impegno ed i risultati tangibili, verificabili, quanticabili raggiunti dai suoi dipendenti. In una breve intervista, tutte quante le ragioni del declino della nostra nazione a cui dobbiamo sbrigarci di porre rimedio se non vogliamo sparire dalla cartina del vecchio continente. Si cominci dalla scuola. Solleviamo i professori dal fardello dell’inclusione sempre e comunque per ritornare saggiamente a promuovere e bocciare in ragione del profitto scolastico.

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