tanti cattivi maestri sono ancora in cattedra nella scuola italiana

La politica non può entrare nelle aule di giustizia. La Legge infatti, rinosce all’imputato la possibilità di ricusare il suo giudice naturale per il solo sospetto che non abbia la necessaria serenità d’animo di condurre un giusto processo. A maggior ragione la politica non deve entrare nelle aule scolastiche. Il ruolo dei docenti è quello di trasferire con metodo i saperi, le conoscenze perché l’approfondimento e lo studio scientifico delle discipline sia d’ausilio ad un corretto sviluppo evolutivo ed aiuti l’alunno a maturare la sua personalità ed indipendenza di giudizio. O meglio, che il discente possa ricevere gli strumenti cognitivi per maturare una propria autonoma coscienza critica e non patisca, durante questo lungo processo formativo, alcun indottrinamento artificioso che lo induca a far proprie le convinzioni dell’insegnate che la sorte ha voluto mettergli di fronte. Sembrerebbero principi scontati sui quali tutti coloro che affidano la formazione dei propri figli alla scuola Statale non possono che ritrovarsi senza eccezioni. Eppure non è così nella realtà. Nella scuola italiana sono ancora in cattedra i cattivi maestri ideologicamente tarati, che utilizzano lo spazio pubblico e la missione della quale sono incaricati, alla stregua di un pulpito personale dal quale si sentono investiti di un ruolo improprio, quasi una licenza a plasmare la materia informe loro affidata a propria immagine e simiglianza. Questi soggetti avvertono l’insegnamento nella scuola pubblica come occasione di propaganda surrettizia su giovani menti prive ancora di riferimenti e capacità di affinare il proprio metro di valutazione e discernimento nelle fasi di crescita più complesse, quelle che segnano il trapasso dall’adolescenza alla giovinezza; dalla giovinezza all’età matura. Cattivi maestri che subdolamente si insinuano nelle menti indifese interpretando il ruolo del pedagogo alla stregua di un comune capo politico chiamato per ventura a raccogliere le masse in favore della propria parte piuttosto che aiutare i ragazzini a diventare uomini utilizzando gli strumenti idonei del sapere.

fonti:

prof. Stefano Zecchi

studenti

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